La tutela delle parti

La tutela delle parti


la tutela delle parti

La tutela delle parti. La trascrizione del contratto nei Registri Immobiliari

L’art. 23 del Decreto prevede poi specifici mezzi di tutela per entrambe le parti.


Il comma 1 stabilisce che i contratti
sono trascritti ai sensi dell’articolo 2645-bis codice civile. La trascrizione produce anche i medesimi effetti di quella di cui all’articolo 2643, comma primo, numero 8) del codice civile.” Il comma 3 poi aggiunge che: “Il termine triennale previsto dal comma terzo dell’articolo 2645-bis del codice civile è elevato a tutta la durata del contratto e comunque ad un periodo non superiore a dieci anni.


Per il 
contratto di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili, quindi, è stabilita la stessa forma di tutela prevista per il contratto preliminare di compravendita, con la differenza, di notevole rilievo, che il termine di efficacia della trascrizione non è di (soli) tre anni, ma di ben 10 anni (al massimo), previsione che tiene conto del fatto che questa tipologia di contratti ha una durata ben superiore a quella dei contratti preliminari.
Inoltre, come nel caso del contratto preliminare,
l’eventuale inadempimento all’obbligo di stipulare il contratto definitivo può essere sanzionato con l’azione ex art. 2932 c.c. ovvero con l’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto.


Vengono poi stabiliti altri strumenti e limiti di tutela.


Similmente al caso della vendita a rate (o vendita con riserva della proprietà, artt. 1523 e seguenti codice civile, in particolare art. 1525), è stabilito che 
“Il contratto si risolve in caso di mancato pagamento, anche non consecutivo, di un numero minimo di canoni, determinato dalle parti, non inferiore ad un ventesimo del loro numero complessivo”. 

Si tratta di una previsione che tutela il conduttore contro l’eventualità di inadempimenti non gravi, stabilendo che se egli non paga un numero minimo di canoni non superiore ad un ventesimo del loro numero complessivo (per es.: contratto con 100 canoni mensili, limite di 5 canoni) il contratto non potrà essere risolto.
Se invece viene superato questo limite
, allora il contratto potrà essere risolto su richiesta del proprietario.

In tale ultima ipotesi il concedente, oltre ad aver diritto alla restituzione dell’immobile, potrà acquisire interamente i canoni già riscossi “a titolo di indennità, se non è stato diversamente convenuto nel contratto”. Quindi, salvo che si sia previsto in modo diverso nel contratto, il conduttore che non fosse più in grado di pagare i canoni (che debbono aver superato il limite minimo di 1/20) potrebbe veder risolto il contratto e perduti tutti i canoni pagati, anche per la parte destinata a corrispettivo dell’acquisto.

Tuttavia, in relazione all’ipotesi di contratto con opzione di acquisto è previsto che le parti stabiliscano in sede contrattuale la quota dei canoni imputata al corrispettivo che il concedente deve restituire in caso di mancato esercizio da parte del conduttore del diritto di acquistare. Tale norma, introdotta solo in sede di conversione del Decreto “Sblocca Italia”, deve ritenersi applicabile solo nell’ipotesi di opzione ad acquistare, e comunque in tutti i casi in cui il diritto di acquistare non abbia come contro altare un obbligo equivalente e, soprattutto, un corrispondente diritto del concedente di vendere; ciò sia per ragioni di giusto contemperamento degli interessi e in coerenza con il diritto del concedente, in caso di risoluzione del contratto, di far propri interamente i canoni. Quindi, nel caso in cui sia stata convenuta un’opzione di acquisto, il conduttore avrà diritto alla restituzione di una parte del canone, e, per la precisione, di quella quota di canoni imputata a corrispettivo per il trasferimento.


Un’interpretazione ragionevole della norma potrebbe far ritenere legittimo che le parti, nel prevedere quale parte del canone vada imputata a corrispettivo del godimento e quale parte a corrispettivo del trasferimento, possano prevedere anche quale quota di quest’ultima parte debba essere restituita  in caso di mancato esercizio del diritto di acquistare la proprietà dell’immobile entro il termine stabilito. Si tratta ovviamente di un’interpretazione fatta “a caldo”, appena dopo la pubblicazione della legge; sarà la giurisprudenza, e quindi le sentenze dei giudici, a dire l’ultima parola al riguardo.

Se invece ad essere inadempiente è il concedente (proprietario), che non vuole più alienare l’immobile, il conduttore, se non vuole richiedere l’adempimento coattivo (azione ex art. 2932 c.c.), può richiedere e ottenere la risoluzione del contratto e, in tal caso, potrà ottenere dal concedente la restituzione di tutti i canoni imputati a corrispettivo, maggiorati degli interessi legali.


Va poi segnalato che, se il contratto abbia ad oggetto un’abitazione (e, va aggiunto, sussistano i requisiti oggettivi e soggettivi previsti dalla normativa in materia) vale anche la disciplina dell’art. 8 della L. 122 del 2005 in materia di immobili da costruire: il notaio ha il divieto di stipulare l’atto di compravendita se, anteriormente o contestualmente alla stipula, non si sia proceduto alla suddivisione del finanziamento in quote o al perfezionamento di un titolo per la cancellazione o frazionamento dell’ipoteca a garanzia o del pignoramento gravante sull’immobile, e tale divieto
opera fin dalla concessione del godimento. Pertanto, il notaio non potrà procedere alla stipula del contratto in esame se non si sia provveduto o non si provveda contestualmente ai predetti adempimenti.

Un aspetto delicato è quello della riconsegna o rilascio dell’immobile da parte del conduttore nelle ipotesi di scadenza del contratto (senza che sia stata esercitata l’opzioneo di risoluzione per inadempimento di una delle parti dalla quale comunque derivi l’obbligo a carico del conduttore di restituzione. Il problema che si pone riguarda l’applicabilità o meno al contratto di Rent to Buy della disciplina processuale in materia di sfratto, al quale deve darsi risposta negativa; se ciò è vero, il concedente sarà costretto ad affrontare una causa ordinaria per ottenere una sentenza di condanna al rilascio, con i tempi di attesa che ciò comporta.

Tuttavia, secondo una diversa tesi, è possibile ovviare al problema ricorrendo alla disciplina processuale sui titoli esecutivi, di dare esecuzione coattiva (mediante ufficiale giudiziario) anche all’obbligo di consegna qualora tale obbligo sia sancito in “atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato per legge a riceverli”: si tratta, nel caso del notaio, del classico atto pubblico notarile.

Quindi, se il contratto di Rent to Buy è stato stipulato nella forma dell’atto pubblico e il suo contenuto è stato adeguatamente predisposto anche ai fini esecutivi, sarà possibile procedere immediatamente all’esecuzione coattiva mediante titolo esecutivo costituito da atto pubblico (che dovrà essere munito di formula esecutiva da parte del notaio rogante), senza dover passare per il Tribunale e ottenere una sentenza che sancisca l’obbligo di consegna. 

Infine, anche per il caso del Rent to Buy viene prevista una speciale tutela per l’acquirente in caso di fallimento del concedente, stabilendo che, in tale ipotesi, il contratto prosegue tra le parti; ciò sempre fatta salva l’applicazione dell’art. 67, comma 3, della Legge Fallimentare, che stabilisce che non possano essere revocati (resi inefficaci) i contratti di compravendita che siano stati conclusi a giusto prezzo e che riguardino immobili ad uso abitativo dell’acquirente o di parenti ed affini entro il terzo grado e di immobili ad uso non abitativo che costituiscano la sede principale dell’attività di impresa dell’acquirente. Nel caso poi di fallimento del conduttore, il comma 6 rinvia all’art. 72 della Legge Fallimentare, che prevede che il curatore abbia la facoltà di sciogliersi dal contratto o di continuarlo; in caso di scioglimento si applicherà il comma 5 dell’art. 23, che consente al concedente di trattenere i canoni a titolo di indennità, sempre che non sia stato previsto diversamente dal contratto.